Conservare non restaurare: quando evitare manomissioni su un affresco?
Un paio di giorni fa sono stata contattata per dare una consulenza su un lacerto di affresco piuttosto antico conservato sulla facciata interna di un'abitazione privata. Nello specifico mi veniva chiesto come era possibile ripulire l'affresco da una sorta di patina scura che lo aveva ricoperto negli anni, riducendo la visibilità dei volti delle figure rappresentate.
Precisiamo, anzitutto, che in materia di beni artistici (siano essi dipinti, stucchi, manufatti in pietra, in cotto o in legno) la competenza non è di noi architetti ma dei Restauratori di Beni Culturali i quali sono gli unici a potere operare su questi manufatti. Purtroppo ancora oggi non esiste un Albo professionale (come nel caso degli architetti) che consente di individuarli facilmente e quindi, in taluni casi, si può correre il rischio (anche in totale buona fede) di affidarsi ad operatori non propriamente qualificati.
Il Restauratore di Beni Culturali affianca alla conoscenza accademica quella maturata sul campo e quindi è in grado di identificare in tempi brevi le caratteristiche del manufatto artistico con il quale si viene ad interfacciare. Ritengo che questa figura professionale sia indispensabile anche nella nostra professione in quanto risulta estremamente utile in fase di valutazione di conservazione o rimozione degli intonaci orginari in quanto attraverso la stratigrafia è in grado di fornirci informazioni sulla successione stratigrafica degli strati e delle coloriture; ci può essere utile durante le fasi di consolidamento di un sistema voltato in quanto agisce con esperienza nelle fasi di messa in sicurezza di eventuali apparati pittorici collocati all'intradosso; ci può aiutare nella scelta cromatica delle finiture, abbandonando la tendenza di reperire i colori tramite mazzette cromatiche preconfezionate, miscelandoli direttamente sul posto con calce e terre naturali.
A parere di chi scrive si tratta di una figura professionale che dovrebbe operare sempre in sinergia con il progettista in un rapporto di fiducia e coooperazione, in quanto è bene ricordarlo architetti e restauratori sono le uniche figure professionali preposte ad operare sui beni culturali.
Ciò premesso, alla richiesta di consulenza erano allegate anche alcune fotografie d'insieme e particolari che riproducevano l'affresco oggetto di studio. Dalle fotografie è emerso subito che il dipinto murale aveva già subito diverse manomissioni che oltre ad avere ridotto la leggibilità del dipinto erano state eseguite in maniera incongrua, senza alcun rispetto per quei visi che si volevano tutelare. La presenza, peraltro non diffusa, di depositi scuri dovuti con ogni probabilità all'alterazione della materia sottoposta all'azione degli agenti atmosferici (benchè il dipinto fosse parzialmente coperto da un portico) era davvero un problema secondario dal momento che il dipinto era già stato in parte rovinato.
L'unico suggerimento che mi sono sentita di dare è stato quello di non fare nulla nell'immediato almeno fino a quando non si era certi di volersi affidare ad un vero professionista del settore al quale sarebbe poi stato demandato il colpito di mettere in sicurezza la superficie dipinta, valutando come rimuovere le azioni di non-restauro impropriamente eseguite.
Molte volte, infatti, la semplice conservazione è preferibile ad un restauro mal fatto: “Conservare non restaurare” è uno slogan che da Hugo a Ruskin, Morris, Boito e Riegl si ritrova espresso nella storia del restauro. Il compito del restauratore, paradossalmente, non è più quindi quello di restaurare, bensì conservare, proteggere, arrestare il degrado e consolidare l’esistente, dandogli la possibilità di continuare nel suo percorso di vita.
Condivido pienamente.
Le sinergie tra professionalità complementari, coordinate in progetti unuitari, sono un concetto che promuklgo da molti anni, tanto da aver creato ubn Polo Interdiscipliare che ha esattamente questo scopo.