Un po’ di Egitto nel Museo archeologico del castello Sforzesco di Milano
Un po’ di Egitto nel Museo archeologico del castello Sforzesco di Milano
Quando si parla di Egitto il Italia viene alla mente il grandioso museo egizio di Torino, la più importante raccolta che parla di questo popolo, secondo soltanto al museo del Cairo. Esiste, però, un’importante testimonianza di questa civiltà anche all’interno del castello Sforzesco di Milano che custodisce una sezione di reperti molto interessanti.
La sezione egizia del Civico museo archeologico del castello Sforzesco di Milano ha una lunga storia incominciata negli anni venti dell’ Ottocento quando i primi materiali giunsero a Milano. La prima esposizione al pubblico risale al 1973 nel sotterraneo del cortile della Rocchetta del castello e nel 2003 è stato realizzato un nuovo allestimento delle sale.
La collezione negli anni si è arricchita di nuovi reperti archeologici dovuti a scavi dello studioso Achille Vogliano e a donazioni di privati collezionisti: opere inestimabili come il corredo funebre di Peftauajaset ed una statua in bronzo di Osiride.
Gli interventi in atto finanziati col contributo di fondazione Cariplo hanno come fine la valorizzazione del castello Sforzesco e della collezione supportata da tecnologie all’avanguardia per rendere i reperti comprensibili all’interno della loro storia.
Molti sono i reperti per studiare e conoscere meglio la scrittura egizia tra cui strumenti vari e supporti scrittori come la Ostraka in terracotta, papiri, pietre e legno; tre sono i tipi di scrittura:
- quella geroglifica sacra figurativa usata sulle pareti dei templi, sulle statue e sui sarcofagi;
- quella ieratica sacerdotale, forma corsiva dei geroglifici, usata su papiro;
- quella demotica di uso comune utilizzata nei documenti commerciali e notarili come forma abbreviata di scrittura usata dal 750 a.C.
Sono presenti cartigli che rappresentano la figura sacra del faraone, statuette in bronzo ed alcune mummie di animali; non manca ovviamente una sezione dedicata al culto funerario con vari corredi che rappresentavano l’idea di sopravvivenza del defunto dopo la morte: si possono ammirare amuleti in pietra e pasta silicea invetriata, statuette mummiformi in legno, pietra e pasta invetriata, vasi canopi ossia contenitori per custodire fegato, polmoni, stomaco ed intestino del defunto in vario materiale.
Troviamo anche sarcofagi in legno con disegni, il corredo di Peftauajaset con la mummia, il libro dei morti una sorta di formule magiche che accompagnavano il defunto nel suo viaggio nell’oltretomba; il manoscritto più prezioso è appartenuto al sacerdote Hornefer del IV secolo A.C. è un papiro lungo circa sei metri.
I reperti più significativi sono quelli provenienti dagli scavi del papirologo Achille Vogliano effettuati tra il 1934 ed il 1939: si tratta di utensili di vita quotidiana in legno, oggetti da toeletta e perfino giochi per bambini. Dal tempio rinvenuto di epoca del regno medio (2133-1789 A.C.) sono emersi decorazioni architettoniche, materiale sacro e la statua del faraone Amenemhat III vissuto attorno al 1853-1805 a.C. noto per i suoi lavori di bonifica della regione del Fayum, zona di scavi del Vogliano.
“Gli egiziani avevano più esigenze per gli dei e per i trapassati che per se stessi” scrisse l’archeologo Pierre Montet per questo motivo molti dei reperti raccolti riguardano sarcofagi, mummie, papiri legati al culto funerario egizio.