La complessa storia di Helike: la Pompei del mare
Helike era un’antica polis greca che fu sommersa da uno tsunami nel 373 a. C..
Il poeta Omero racconta che la città di Helike partecipò alla guerra di Troia come parte delle forze di Agamennone, in seguito fu a capo della lega achea e fondò molte colonie tra le quali Sibari in Italia.
Fu un centro culturale e religioso con una propria moneta, all’interno del museo Bode di Berlino si possono ammirare i ritrovamenti di due monete di rame del V secolo a. C. nelle quali il dritto mostra la testa di Poseidone e il rovescio il suo tridente. Il suo tempio panellenico e il santuario di Poseidone Helikonian erano conosciuti in tutto il mondo classico.
Molti furono gli storici che parlarono di questa città-stato tra i quali il filosofo Eratostene che dopo oltre 150 anni dalla catastrofe, visitando il sito di Helike, scrisse dell’esistenza di una statua in bronzo dedicata a Poseidone sommersa nelle acque con in mano un ippocampo e questo era un monito di pericolo per i pescatori della zona.
Il viaggiatore Pausania 174 anni dopo la nascita di Cristo segnalò una sua visita alla città di Helike parlando di antiche mura sommerse nell’acqua.
Il filosofo romano Eliano nel II secolo d.C. raccontò di uno tsunami avvenuto dopo un terribile terremoto preceduto da eventi particolari tra i quali esodi in massa di animali, monito che qualcosa di terribile sarebbe accaduto; inoltre parla di navi spartane ancorate nel porto di Helike inghiottite anch’esse da una enorme massa d’ acqua.
In epoca romana le sue rovine erano ancora visibili sotto il livello del mare così come le molte statue della città, nel corso dei secoli il sito si insabbiò facendo scomparire ogni traccia di Helike che venne così dimenticata.
Soltanto nel XIX secolo la ricerca di Helike divenne tra gli obiettivi della nuova archeologia marina, vari studi su come localizzare la sua posizione non andarono a buon fine però contribuirono negli anni successivi all’avvio di studi sulla morfologia dell’attuale territorio.
Nel 1861 due archeologi tedeschi durante scavi e lavori nel golfo di Corinto vennero a contatto con una moneta con la figura di Poseidone ed il nome di Helike, supponendo che quella potesse essere la posizione della città scomparsa che poteva essere identificata con la leggendaria Atlantide di Platone. Tale deduzione era avvalorata dal geologo greco Strabone che parlò dell’esistenza di una città chiamata Helike posta in un “poros” ossia uno stretto canale navigabile identificato nel golfo di Corinto.
Negli anni Sessanta del secolo scorso l’archeologo greco Marinatos usando i sonar cercò di localizzare la posizione di Helike ma senza successo.
Un importante contributo alla scoperta di questa città è legato al nome dell’archeologa greca Dora Katsonopoulou che dal 1988 incominciò una serie di studi sul territorio partendo da una considerazione che si rivelò fondamentale per la localizzazione del sito ossia che la traduzione di “poros” fosse laguna interna o lago interno escludendo quindi il luogo nel golfo di Corinto.
Molto importante fu lo studio delle opere dello scrittore e geografo greco Pausania del II secolo d.C. il quale scrisse dell’esistenza di resti di un porto di Helike posti ad una distanza di sette chilometri dalla città di Aigio nell’Acaia e cinque chilometri dalla grotta di Eracle.
L’ipotesi dell’archeologa greca e dello scienziato americano Steven Soter fu che un terremoto di potenza molto elevata scatenato precedentemente allo tsunami avesse provocato la liquefazione del suolo facendo sprofondare la città al di sotto del livello del mare, successivamente l’onda dello tsunami avrebbe ulteriormente allagato la laguna che circondava la città stessa.
Con i secoli i sedimenti dei fiumi della zona che scendevano dai monti avrebbero sommerso la laguna inghiottendo i resti di Helike sotto il terreno solido, un po’ come successo a Pompei ed Ercolano.
Negli anni Novanta gli scavi archeologici nella pianura portarono alla luce frammenti di terracotta ed un grande edificio di epoca romana con mura intatte, non era la città perduta però si trattava della scoperta di una zona popolata in epoca antica; inoltre venne scoperto anche un sito della prima età del bronzo.
Finalmente nel 2001 il ritrovamento di un ponte senza la presenza di un fiume nei pressi del villaggio di Rizomylos diede il via ad una serie di scavi nella zona che portò alla luce i resti di un insediamento: l’ulteriore scoperta di uno strato di materiale scavato – conseguenza di un terremoto – ha portato alla reale conclusione che il sito ritrovato sarebbe proprio la città perduta di Helike.
Vennero portati alla luce anche reperti risalenti all’epoca classica del VIII secolo a.C. tra cui la testa in terracotta di un idolo femminile che si ritiene essere un cimelio ereditato e tracce di microorganismi lagunari sui reperti, prova dell’esistenza di questo sito prossimo al mare.
È una ricostruzione che non convince.
Se era stata osservata sotto il livello del mare, la distruzione della città è stata determinata si da un terremoto, ma che ha fatto abbassare il terreno.
Ho osservato le profondità dell’Istzmo di Corinto e si nota una caratteristica: la prima parte, fino al ponte, è intorno a 100m. La parte centrale arriva anche a 800m. Oltrepassata la terra (dove è stato aperto il canale) torna a 200m.
La mia idea è che il terremoto abbia fatto collassare la parte centrale dell’Istzmo portandosi giù un tratto di costa. Il Maremoto ha bisogno di spazi più grandi per formarsi.
Grazie Paolo.
Buongiorno Paolo effettivamente anche le sue valutazioni sono di grande interesse. Grazie
Sono d’accordo. Lo stretto di Corinto è troppo piccolo per creare un maremoto.