Da Belle Arti a Soprintendenza…la riforma dei beni culturali è davvero in atto?

Da Belle Arti a Soprintendenza…la riforma dei beni culturali è davvero in atto?

Alcuni giorni fa sono stata contattata dall'amico ingegnere Carlo Pagliai che mi chiedeva se poteva interessarmi scrivere un articolo a quattro mani sul tema delle Soprintendenze e nello specifico sull'uso, talora desueto, del termine "Belle Arti" ad indicare gli immobili sottoposti a tutela. Ovviamente ho accolto la sua richiesta e mi sono anche rallegrata del fatto che un ingegnere fosse interessato ad un argomento, spesso di nicchia, come è quello legato ai beni culturali.

Inserirò in questo mio articolo alcuni estratti del lavoro fatto a quattro mani con Pagliai, utilizzando il virgolettato per indicare il lavoro fatto in comune. E partirei proprio dal titolo dell'articolo (che potete leggere integralmente cliccandoci sopra): "Immobili vincolati alle “Belle Arti”, perchè si dice così? Disciplina e Soprintendenze sono state riformate molte volte, facciamo una sintesi". 

Per chi, come la sottoscritta, opera da circa vent'anni in questo settore è un fatto normale assistere al periodico alternarsi delle diciture che individuano il settore dei beni culturali, molti anni fa le soprintendenze erano essenzialmente riconoscibili in tre filoni principali: quello dei beni archeologici e delle antichità, quello dei beni storico-artistici ed etnoantropologici (poi diventati demo etnoantropologici) e, infine, quello di mia stretta competenza relativo ai beni ambientali (architettonici e paesaggistici). In genere il cambio di nome era legato al cambio del governo politico del nostro paese e ai nuovi obiettivi che ogni volta il nuovo Ministro dei Beni Culturali si prefiggeva.

Agli albori della mia professione il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali era una donna (cosa che non è mai più accaduta, in beffa alle Pari Opportunità e alle Quote Rosa), Giovanna Melandri (DS) che è rimasta in carica dal 1998 al 2001; alla Melandri (con cambio di governo) è succeduto il Ministro Giuliano Urbani cui si lega il nome del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (cd. Codice Urbani) ad oggi ancora in uso (D. Lgs. 42/2004), sebbene con reiterate modifiche ed integrazioni. Dal 2005 al 2006 Ministro dei Beni Culturali è stato Rocco Buttiglione (UDC) e dal 2006 al 2008 è stato Francesco Rutelli (con nuovo cambio di governo). Dal 2008 al 2011 (con nuovo cambio di governo) è stato Ministro Sandro Bondi che per alcuni mesi ha ceduto il posto a Giancarlo Galan (marzo-novembre 2011) e dal 2011 al 2013 abbiamo avuto Ministro un indipendente (con nuovo cambio di Governo cosiddetto di transizione, governo Monti) ossia Lorenzo Ornaghi.

Frattanto il Ministero cambia nome e diventa da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (da Melandri ad Ornaghi) Ministero dei Beni Attività Culturali e Turismo (cd MiBACT) con nomina di nuovi Ministri: dal 2013 al 2014 è Ministro Massimo Bray (uno dei migliori ministri che abbiamo avuto, a mio personalissimo giudizio) mentre dal 2014 ad oggi è Ministro Dario Franceschini. Ed è proprio al Ministro Franceschini che si deve con "D.M. 44 del 23 gennaio 2016 la riorganizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo con istituzione di un’unica Soprintendenza per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio e formale soppressione delle altre. Ecco quindi riaffiorare a tutta potenza la dicitura “Belle Arti“, che appare protagonista nella nuova denominazione di queste istituzioni, suddivise su base territoriale".

Alla luce di quanto esposto verrebbe da chiedersi se dal 2000 ad oggi sia stata attuata una reale riforma dei beni culturali? 

Nel mio piccolo, da libero professionista che opera proprio in questo settore, devo ammettere che sto assistendo ad una maggiore difficoltà dei funzionari di zona ad espletare i sopralluoghi sui cantieri, oberati come sono dalla mole di lavoro e burocrazia, l'unificazione della Soprintendenza (che storicamente è sempre stata quantomeno bipartita) se ha un lato ha garantito una riduzione dei costi dall'altro ha davvero migliorato la prestazione del lavoro dei funzionari sul territorio?

E mi chiedo ancora un'ultima cosa: in questo Paese che vive di beni culturali e che possiede il più grande patrimonio storico-artistico-architettonico del mondo sarà possibile vedere finalmente riconosciuta la figura del restauratore dei beni culturali al pari di qualunque altro professionista abilitato all'esercizio della sua professione? Auspico di si perchè ogni riforma si attua anzitutto attraverso la valorizzazione delle risorse umane che sono parte integrante della ricchezza del nostro paese [attendiamo quindi fiduciosi – e senza ulteriori proroghe – la scadenza del bando pubblico per l'acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali fissata per il prossimo 31 dicembre].

 

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