Beni culturali ope legis: cosa sono e cosa devi sapere prima di vendere
La questione dei beni culturali cosiddetti “ope legis” ossia “in forza di legge” è complessa ed articolata e nella mia esperienza professionale è risultata spesso sottovalutata in molti casi con complicanze significative soprattutto nella legittimazione dei passaggi di proprietà pregressi.
Partiamo anzitutto con il dire che è bene distinguere tra:
- i beni culturali ope legis
- i beni culturali ope legis previa verifica interesse culturale (fase transitoria)
- i beni culturali post verifica interesse culturale
Sono beni culturali ope legis tutti quei beni che appartengono allo Stato o ad enti pubblici e che fanno parte di raccolte museali, pinacoteche, gallerie, archivi o biblioteche. In sostanza, sono tutti quei beni che, per legge, sono considerati importanti per la nostra storia e cultura.
Sono altresì beni culturali ope legis, anche se in attesa di eventuale consolidamento ovvero sotto condizione nelle more della verifica dell’interesse culturale (art.12 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), tulle le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico e etnoantropologico che appartengono allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico o a persone giuridiche private senza fine di lucro, di autore non più vivente e aventi più di settanta anni per i beni immobili e più di cinquanta per i beni mobili.
L’esito di tale verifica può essere positivo o negativo: in caso di non interesse decade la culturalità del bene che non è più sottoposto alle disposizioni del Codice, viceversa se l’esito della verifica è positivo il bene viene confermato di interesse culturale a seguito di dichiarazione amministrativa.
Sono soprattutto i beni culturali in regime transitorio, quelli dei quali deve essere accertato l’interesse culturale, ad aver destato negli anni diversi problemi.
Prima del 2004, anno di entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004), la normativa di riferimento era quella della L. 1089/1939 e del T.U. e si basava sul sistema degli elenchi. Tali elenchi però erano spesso incompleti e non aggiornati e in molti casi non vi era la consapevolezza della natura di bene culturale e di riflesso molte vendite sono state effettuate senza i dovuti accorgimenti preventivi con il rischio latente di poter risultare nulle, con tutto ciò che ne consegue.
La nuova disciplina ha avuto l’indubbio merito di avere posto centralità sulla questione anche grazie all’introduzione di dati conoscitivi sul bene e al fatto che spesso la verifica si svolge su richiesta diretta dei legittimi proprietari e non solo d’ufficio.
In conclusione si consiglia vivamente a chi si appresta a vendere un bene mobile o immobile che si sospetta possa essere di interesse culturale di fare preventivamente gli accertamenti del caso rivolgendosi ad un architetto specialista per evitare di ritrovarsi a dover correre ai ripari a ridosso del trasferimento di proprietà: nel caso dei beni immobili nel dubbio i notai per cautela richiedono sempre di attivare una verifica di interesse culturale e sappiamo bene che non è possibile sapere in anticipo quanto tempo ci vorrà e soprattutto non è possibile sapere con certezza quale sarà l’esito della procedura di verifica.