Andare per castelli (II parte): l’importanza storica ed architettonica del Forte di Gavi
# IL FORTE DI GAVI
La storia del Forte di Gavi è caratterizzata dai numerosi passaggi di proprietà e di utilizzo che hanno mutato in modo significativo l’aspetto e la struttura di questa antica ed imponente fortezza. Le prime notizie certe, se si esclude la leggendaria fondazione da parte di una principessa, risalgono al XII secolo quando il marchese Alberto Obertenghi cedette una torre del preesistente castello di Gavi a Federico Barbarossa. Passato in seguito dal marchesato di Gavi alla Repubblica genovese, la roccaforte fu a lungo al centro delle lotte tra Genova, Tortona ed Alessandria divenendo successivamente di proprietà dei Visconti di Milano. Nel 1359 Gavi e il castello passarono nuovamente sotto il controllo genovese a cui, dopo una seconda fase di dominazione dei Visconti e un periodo di controllo da parte dei Fregoso e dei conti Guasco di Alessandria, ritornarono nuovamente nel 1528. Dopo un primo intervento di ampliamento (progettato da Giovanni Maria Olgiati nel 1540) la Repubblica di Genova, privata momentaneamente del controllo della struttura in seguito all’assedio dell’esercito franco-piemontese, decise di ampliare il castello e trasformarlo in fortezza affidando il progetto a Padre Vincenzo da Fiorenzuola con la collaborazione di Sebastiano Ponsello e Bartolomeo Bianco. I lavori iniziarono nel 1625 e terminarono nel 1629: il nuovo forte, costato complessivamente tra le 200 e le 256 mila lire, triplica gli spazi disponibili rispetto al precedente castello e moltiplica il numero di bastioni che, sviluppati a raggiera intorno alla centrale Torre del Maschio, passano da due a sei; le cortine e i bastioni, ad eccezione di quello “della Mezzaluna”, furono inoltre associati ai nomi di alcuni santi, tra i quali spiccano i patroni di Genova San Bernardo, San Giovanni Battista, San Lorenzo e San Giorgio. Nel 1718 Giovan Pietro Morettini, colonnello e primo ingegnere delle Fortificazioni di Genova, rinforzò ulteriormente il forte intervenendo sulle mura esterne dei baluardi, progettando la nuova polveriera e il corpo di alloggiamento per i soldati e, infine, realizzando l’assetto definitivo della Ridotta di Monte Moro (presidio edificato a difesa della strada di accesso e oggi utilizzato a fini abitativi). Sotto il controllo austriaco dal 1746 al 1748, il forte passò successivamente in mano francese entrando quindi a far parte dei possedimenti del Regno di Sardegna. Dal 1848 al 1891 venne adibito a stabilimento penale e dal 1891 al 1907 fu utilizzato come carcere mandamentale. Dichiarato monumento nazionale nel 1908, vide imprigionati nei suoi ambienti i soldati austriaci e i disertori italiani (nel 1915), gli ufficiali inglesi (dal 1941 al 1943) e, infine, i badogliani imprigionati dai tedeschi (nel 1944). Dato in consegna, nel 1923, al Consorzio Cooperativo Antifilosserico per sperimentare vigneti sugli spalti terrosi, attualmente è gestito dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arte e Paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo ex Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Novara, Alessandria e Verbano-Cusio-Ossola.