Il Noviziato della Compagnia di Gesù a Genova: la sede di Sampierdarena
In ogni provincia della Compagnia di Gesù, come ricorda Richard Bösel "(…) esistevano normalmente due o tre case di Noviziato, nelle quali coloro che volevano entrare nell’ordine trascorrevano due anni di preparazione. Era inoltre sempre presente anche una domus tertiae probationis, una cosiddetta casa di Terz’Anno, ove i gesuiti alla fine della formazione passavano l’ultimo anno del loro noviziato. Per poter garantire un’adeguata forma di vita raccolta, queste istituzioni erano insediate nei quartieri meno popolati dei centri principali, oppure in piccole città. I complessi edilizi includevano un edificio sacro adatto prevalentemente al proprio fabbisogno, quindi caratterizzato da spazi armonici destinati piuttosto a favorire l’intimità; e talvolta si trovavano anche dei bei giardini (…)”.
La sede genovese dell’ordine non si discosta naturalmente da questa prassi né, tantomeno, dalla ricerca di quell’isolamento tanto utile per lo studio. A turbare la preparazione dei novizi vennero, tuttavia, una serie di vicende e difficoltà che costrinsero il Noviziato genovese a mutare sede per ben tre volte.
La prima fase della vita di questa struttura vide come protagonista, in qualità di fondatore, il nobile Bernardo Onza. Desiderando sostenere la Compagnia, egli aveva infatti donato all’ordine la somma necessaria per acquistare una villa a Sampierdarena, con relativo terreno, appartenuta precedentemente a Giovanni Battista Doria.
L’acquisto dell’immobile, ubicato attualmente in Salita Belvedere, fu concluso da Simone Arpe, rettore della Casa Professa, il 14 aprile 1593 per la somma di sedicimila lire con l’obbligo aggiuntivo di convertire una parte del giardino in piazza pubblica. L’inaugurazione del complesso, una volta terminati i lavori, fu celebrata il 20 agosto 1593 e, in quella occasione, fu anche stabilito che ogni anno nel medesimo giorno, dedicato al ricordo di San Bernardo, si sarebbe presentato al fondatore l’omaggio stabilito dalle Costituzioni. Già dopo poco tempo iniziarono però ad emergere le prime difficoltà dovute all’ubicazione eccessivamente periferica della villa e così, dopo solamente un anno, fu stabilito di trasferire il Noviziato a Paverano.
La villa di Sampierdarena fu quindi venduta a Marcello Pallavicino il quale, al momento di effettuare la solenne professione dei voti, la donò ai padri genovesi a condizione che la Compagnia non potesse venderla, se non in cambio di una villa migliore nella stessa zona e che potesse essere assegnata alla casa professa o, alternativamente, al Collegio.
Il Generale Acquaviva stabilì dunque che l’edificio fosse destinata alla Casa Professa come luogo di ristoro spirituale e fisico dei padri. Il 1º agosto 1605 iniziarono i lavori di edificazione della chiesa che, per volontà di padre Negrone, venne intitolata a San Pietro in Vincoli al fine di onorare il santo da cui prende il nome la località di Sampierdarena. Il 18 luglio 1609 la chiesa fu consacrata dal vicario dell’arcivescovo e il giorno seguente, come narrano le cronache, vi fu celebrata la prima solenne messa dall’abate di San Matteo.
Dopo la requisizione dei beni della Compagnia di Gesù nel 1773, la chiesa fu acquistata dall’ordine teatino che la officiò fino al 1797: a partire da questo momento l’edificio andò incontro ad un periodo di abbandono e degrado segnato dalla rovina degli affreschi che Domenico Parodi aveva realizzato, su commissione dei padri, nelle cappelle laterali.
Nel 1826 la chiesa e il convento divennero la sede del Conservatorio di Nostra Signora della Presentazione, fondato in quegli anni dalla genovese Anna Castello Forte con l’obbiettivo, come ricordano i fratelli Remondini, di «ammaestrar le fanciulle povere e derelitte».
Con il passaggio di proprietà dalla parrocchia alla nuova congregazione religiosa femminile (detta delle suore pietrine per via dell’intitolazione della chiesa) furono intrapresi, grazie anche all’intervento di alcuni benefattori, una serie di lavori di ristrutturazione: «fu riattato il convento» e la chiesa, al cui interno i tre altari risultano «tutti chiusi da marmorei cancelli», fu «ristorata […] e arricchita d’un porticato all’ingresso, chiuso da ferrei cancelli, sul quale si eresse separata l’abitazione per Rev. Direttore».
Della presenza dei Padri gesuiti in questo complesso, che attualmente ospita una casa di riposo gestita dalle suore pietrine, rimangono pochi segni.
Le tracce più significative, ad eccezione di una lapide commemorativa e di uno stemma marmoreo, sono costituite dalla tela di Giovanni Battista Carlone, raffigurante San Francesco Borgia in preghiera davanti al crocifisso, e da un ovale di Anton Maria Piola rappresentate San Francesco Saverio e Sant’Ignazio.
Entrambe le opere sono attualmente custodite e visibili nella chiesa di Santa Maria della Cella a Sampierdarena.
Rimane infine da segnalare una curiosità: le suore pietrine di Sampierdarena ressero per numerosi anni anche un istituto scolastico a Novi Ligure che, pur avendo cessato da tempo l’attività, rimane nella memoria della cittadina novese.